Tra gli addetti ai lavori, spesso capita di sentire delle battute sulla scarsa propensione della categoria dei farmacisti ad innovare, o piuttosto più banalmente a adeguarsi al cambiamento in atto. A questo proposito, mi ricordo una cena di questa tarda primavera con il responsabile marketing di un grosso operatore della distribuzione intermedia che raccontava alcuni aneddoti sulla scarsa volontà dei farmacisti di adeguarsi al cambiamento. Del resto è sufficiente visitare 4 o 5 farmacie per provare l’emozione di tornare nel passato e constatare come il tempo non passa nel canale, e la gran parte delle farmacie, al netto del gestionale (strumento imposto dalla distribuzione intermedia per efficientare il proprio business), opera ancora come negli anni ’90 del secolo scorso. Le motivazioni di questa scarsa propensione al cambiamento sono sicuramente molteplici, non ultima la tipologia di clientela che frequenta con maggiore assiduità il canale che certamente non spinge verso il nuovo, ma anche i vari consulenti che operano nel settore non promuovono l’innovazione (lo status quo è troppo più comodo), e la stampa di categoria, che veicola un’immagine stereotipata, degna di un nuovo capitolo del libro Cuore di Edmondo De Amicis, certo non contribuisce a svegliare gli animi.
Si è fatto sempre così…
Il titolare per molti motivi, mancanza di tempo, scarsa conoscenza di temi diversi da quelli prettamente professionali, non si è mai interessato di nessun aspetto della gestione economica, preferendo delegare tutto al proprio commercialista. Il risultato di tale modo di operare è quello di divenire assolutamente dipendenti dal consulente fiscale, sia per le cose piccole, ma anche per quelle più grandi. Del resto in questo settore si guadagna ancora benino, perché mai tediarsi con aspetti noiosi come la parte amministrativa, meglio delegare!
Non essere padroni a casa propria
Il problema di questa eccessiva dipendenza emerge ad esempio nel momento in cui il titolare decide di vendere la sua farmacia magari ad una catena di capitale. Se consideriamo che la gran parte delle farmacie vendute negli ultimi tre anni, sono state acquistate da catene che normalmente trattano direttamente con il venditore, i vari commercialisti hanno subito non solo una riduzione del business ordinario (minori farmacie da amministrare), ma soprattutto non hanno potuto beneficiare delle varie mediazioni come in passato. Del resto, parlando di vendita, i commercialisti erano abituati a lavorare in regime di quasi monopolio incassando un ricco 3% per ogni transazione andata a buon fine. Ecco allora che i vari commercialisti, soprattutto se amministratori di molte farmacie, sono passati al contrattacco, attuando una sorta di sciopero bianco, ritardando, quando addirittura negando la fornitura di documenti come il bilancio ai titolari che ne facevano richiesta, subodorando il pericolo che la “pecorella” potesse scappare dal recinto senza lasciare il dovuto obolo.
Cosa fare…
Premesso che il commercialista è un consulente al servizio della farmacia e che dovrebbe operare per il successo e la prosperità della stessa, la prima cosa da fare è quella di iniziare ad interessarsi dei vari aspetti economici, in quanto un’eccessiva delega su argomenti assolutamente strategici come gli aspetti economici potrebbe essere una leggerezza pericolosa. La seconda è quella di farsi assistere da professionisti che non seguono moltissime farmacie, chi ne ha molte, è forse più esperto, ma anche con molti più conflitti d’interesse… La gestione degli aspetti economici è abbastanza trasversale ed uguale per le varie tipologie d’impresa, sicuramente un professionista esperto con qualche anno d’esperienza è capace di rispondere correttamente a tutte le esigenze di una farmacia!
Buona riflessione.
GCP
Via Luigi Salvatore Cherubini, 13 - 50121 Firenze
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