Ormai sono diversi mesi da quando il Ministro Guidi ha avanzato un disegno di legge sulle liberalizzazioni che contempla la possibilità dell’entrata del capitale in farmacia. La categoria, in particolare i titolari, si accalorano in discussioni ipotizzando scenari su cosa potrebbe succedere alle loro attività se passasse la suddetta norma; sicuramente se il disegno di legge venisse confermato, la categoria dei farmacisti si troverebbe catapultata in uno scenario più competitivo, dai contorni sicuramente diversi da quelli attuali. Ma se i farmacisti potessero “piangere” all’entrata in vigore della nuova norma, sicuramente l’industria farmaceutica, che non è composta solamente da grandi colossi internazionali, ma anche da una miriade di piccole imprese, non riderebbe!
L’approvazione della legge sul capitale, come è facilmente intuibile, aprirebbe i giochi a molte fusioni ed aggregazioni, dando vita in poco tempo ad un numero ridotto di strutture di medio grande dimensione. Secondo l’ultima rilevazione effettuata da Pharmabarometro nel 2013, le catene di vendita di farmacie erano 33, ed associavano oltre 5.800 farmacie, ossia il 38% del totale. L’approvazione della norma sul capitale, porterebbe non solo ad un rapido aumento del numero delle farmacie legate in catena, ma anche alla concentrazione delle insegne presenti sul territorio.
La nuova legge oltre a promuovere l’aggregazione delle singole catene in strutture più grosse e più efficienti, spingerà le stesse organizzazioni, vedi i vari uffici acquisti o marketing, ad essere più presenti nella gestione del singolo punto vendita, giungendo ad influire sensibilmente nelle diverse scelte giornaliere, siano esse di acquisto, che di organizzazione del singolo punto vendita. Ossia nello spazio di pochi mesi, forse qualche anno, all’entrata in vigore della nuova norma sul capitale, l’intero canale potrebbe cambiare volto, così come le diverse strutture commerciali che si interfacciano con esso.
Come tutti sanno, è cosa profondamente diversa trattare con un cliente che ha un potere negoziale modesto, la cui eventuale perdita, incide per una piccolissima percentuale sul giro d’affari dell’azienda, rispetto ad interfacciarsi con un grande cliente, da cui deriva una porzione rilevante del fatturato annuale. Nel primo caso, siamo nello scenario attuale, che vede il settore del CHC interagire con le 18.000 farmacie con Field Force composte da venditori spesso con modeste competenze e bassa professionalità (la struttura di vendita rispecchia sempre le caratteristiche della clientela), il secondo viceversa, richiede un numero limitato di manager capaci di interagire alla pari con i dipendenti delle catene deputati alla funzione acquisti e marketing, persone abituate a trattare sulla base dei risultati, e che difficilmente potrebbero essere irretite da qualche gadget omaggiato dalla premiata ditta di turno.
Dal momento che il ricorso al regalo o al promozionale, rappresenta ancora oggi una delle strategie determinanti per effettuare il sell in nel settore, l’industria farmaceutica avrà un bel lavoro da fare se il Ministro Guidi riuscirà a fare approvare la sua riforma. A quel punto le diverse case produttrici, non solo dovranno lavorare per riorganizzare le proprie strutture commerciali vedi innalzamento del profilo dei dipendenti, ma dovranno abbandonare la strategia del promozionale mettendo a disposizione delle catene clienti nuovi servizi, capaci di creare più traffico sul punto vendita e generare maggiore sell out dei loro prodotti.
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